Sala 3
La sala offre una panoramica della pittura senese del Cinquecento e del Seicento.
Veduta della terza sala della Galleria Civica
Arte senese del Cinquecento e del Seicento
Il percorso si apre con la Madonna col Bambino e due angeli prodotta nella bottega Andrea e Raffaello del Brescianino, originali interpreti della maniera di Andrea del Sarto nel solco della locale tradizione figurativa.
Il contesto artistico della Siena del XVI secolo è dominato dalle figure di due grandi maestri: Giovanni Antonio Bazzi detto 'Il Sodoma' e Domenico Beccafumi, che costituiscono i punti di riferimento per la maggior parte dei pittori attivi in questo periodo come Bartolomeo di David, autore dei quattro tondi del cataletto della Compagnia di Sant’Onofrio e Bartolomeo Neroni detto 'Il Riccio', attivo nei decenni centrali del Cinquecento, oltre ad artisti minori la cui ricostruzione è stata oggetto di studi recenti .
Gli anni a cavallo tra la prima e la seconda metà del secolo coincidono con uno dei periodi più drammatici per la città, segnato dalla perdita dell'indipendenza politica e dall'assoggettamento al dominio fiorentino. Tra i maggiori protagonisti in pittura dei decenni seguenti figura Alessandro Casolani di cui è esposta una Madonna con il Bambino San Francesco e Santa Caterina da Siena. Tra i suoi più stretti allievi si annovera il cognato Vincenzo Rustici, esponente di una famiglia di pittori e fedele continuatore della maniera del maestro.
Ai primi anni del Seicento appartengono le testate del cataletto della Compagnia di Santo Stefano ai Pispini opera di Ventura Salimbeni che, al pari del fratellastro Francesco Vanni, introduce nell'arte senese gli influssi della pittura baroccesca. Presso le loro botteghe si formano alcuni dei più dotati maestri della generazione successiva tra cui Astolfo Petrazzi e Sebastiano Folli.
Nel corso del Seicento a Siena si assiste ad una progressiva assimilazione delle novità caravaggesche soprattutto ad opera di Rutilio Manetti che, dopo un esordio legato al tardo manierismo, testimoniato da dipinti come la Madonna col Bambino, San Giovannino, San Francesco e Santa Caterina, si converte allo stile del Merisi come attestato dal San Paolo, manifesto della sua maturità.
Alla sua scuola si formano sia il figlio Domenico, che Bernardino Mei, il cui San Bernardino da Siena e donatore, si colloca nella fase matura quando il pittore fonde il realismo caravaggesco con il gusto dinamico e pittorico del barocco.
Un diverso orientamento è invece espresso da Raffaello Vanni, che rompendo con la tradizione pittorica senese di primo Seicento vi introduce elementi del barocco romano.
Alla morte di quest'ultimo, nel 1673, a dominare il panorama artistico senese a cavallo tra Sei e Settecento sarà la bottega dei Nasini fondata da Francesco e perpetuata soprattutto dai figli Antonio e Giuseppe Nicola.
Cataletto della Compagnia di Sant'Onofrio
I quattro tondi, facevano originariamente parte dell'apparato ornamentale del cataletto della compagnia di Sant’Onofrio dipinti dal pittore Bartolomeo di David nel 1536. Il cataletto era costituito da una sorta di barella o lettiga intagliata munita di testate alle estremità utilizzata per le esequie dei defunti, una pratica assolta soprattutto delle compagnie laicali. A partire dal Quattrocento a Siena e nel suo territorio i cataletti divengono vere e proprie opere d’arte e per la loro decorazione sono coinvolti i maggiori artisti. L'identificazione dell'autore dei 4 tondi ha rappresentato le fondamenta su cui è stata ricostruita l'attività, per secoli misconosciuta, di questo importante pittore senese, coetaneo di Domenico Beccafumi e a lui associato in varie occasioni per prestigiose commissioni.
I quattro tondi, facevano originariamente parte dell'apparato ornamentale del cataletto della compagnia di Sant’Onofrio dipinti dal pittore Bartolomeo di David nel 1536. Il cataletto era costituito da una sorta di barella o lettiga intagliata munita di testate alle estremità utilizzata per le esequie dei defunti, una pratica assolta soprattutto delle compagnie laicali. A partire dal Quattrocento a Siena e nel suo territorio i cataletti divengono vere e proprie opere d’arte e per la loro decorazione sono coinvolti i maggiori artisti. L'identificazione dell'autore dei 4 tondi ha rappresentato le fondamenta su cui è stata ricostruita l'attività, per secoli misconosciuta, di questo importante pittore senese, coetaneo di Domenico Beccafumi e a lui associato in varie occasioni per prestigiose commissioni.
San Paolo
L' apostolo è colto nell'atto di predicare, invitando lo spettatore ad occuparsi delle cose spirituali, cui alludono il gesto imperioso del braccio levato verso l'alto e il versetto della lettera ai Colossesi riportata sul primo dei fogli che tiene nell'altra mano. L'opera, permeata di un'intensa spiritualità, si colloca nella fase della maturità di Rutilio Manetti dopo il viaggio a Roma del 1625, quando gli interessi del pittore, sulla scorta delle suggestioni caravaggesche, si orientano verso soggetti di genere, spesso trattati a 'lume di candela'. Anche nel ritrarre la figura del San Paolo Manetti ha colto l'essenza più umana del santo, nell'aspetto burbero e nella posa minacciosa e autoritaria, usando una luce molto forte che, da sinistra, arriva direttamente sulla mano alzata e scolpisce una parte del volto rugoso e scavato del vecchio; accentuando, in questo modo, l'imponenza e la scacralità del personaggio.
L' apostolo è colto nell'atto di predicare, invitando lo spettatore ad occuparsi delle cose spirituali, cui alludono il gesto imperioso del braccio levato verso l'alto e il versetto della lettera ai Colossesi riportata sul primo dei fogli che tiene nell'altra mano. L'opera, permeata di un'intensa spiritualità, si colloca nella fase della maturità di Rutilio Manetti dopo il viaggio a Roma del 1625, quando gli interessi del pittore, sulla scorta delle suggestioni caravaggesche, si orientano verso soggetti di genere, spesso trattati a 'lume di candela'. Anche nel ritrarre la figura del San Paolo Manetti ha colto l'essenza più umana del santo, nell'aspetto burbero e nella posa minacciosa e autoritaria, usando una luce molto forte che, da sinistra, arriva direttamente sulla mano alzata e scolpisce una parte del volto rugoso e scavato del vecchio; accentuando, in questo modo, l'imponenza e la scacralità del personaggio.
Traslazione della salma del cardinale Francesco Petroni da Genova a Sienaa
L'opera, di ridotte dimensioni, è il bozzetto per l'affresco eseguito da Francesco Nasini sulla parete di sinistra della stanza della Bilanceria di Biccherna, al primo piano del Palazzo. Commissionato da Giovan Francesco Petroni, camerario di Biccherna dal 1676 al 1681, il dipinto reca la memoria del suo illustre avo cardinal Riccardo Petroni, vissuto tra il XIII e il XIV secolo. Ordinato cardinale da Bonifacio VIII, il Petroni morì a Genova il 10 febbraio 1314 quando rivestiva il ruolo legato pontificio e i suoi resti furono traslati a Siena e posti in un sontuoso monumento funebre opera di Tino di Camaino, eretto nella cattedale
L'opera, di ridotte dimensioni, è il bozzetto per l'affresco eseguito da Francesco Nasini sulla parete di sinistra della stanza della Bilanceria di Biccherna, al primo piano del Palazzo. Commissionato da Giovan Francesco Petroni, camerario di Biccherna dal 1676 al 1681, il dipinto reca la memoria del suo illustre avo cardinal Riccardo Petroni, vissuto tra il XIII e il XIV secolo. Ordinato cardinale da Bonifacio VIII, il Petroni morì a Genova il 10 febbraio 1314 quando rivestiva il ruolo legato pontificio e i suoi resti furono traslati a Siena e posti in un sontuoso monumento funebre opera di Tino di Camaino, eretto nella cattedale